L’ETIOPIA: ALLA SCOPERTA DI UN PAESE MERAVIGLIOSO
L’Etiopia è un paese dell’Africa centro-orientale grande tre volte e mezza l’Italia, popolato da circa 120 milioni di abitanti e in buona parte fertile e ricco di piante e animali, grazie all’altopiano che domina il suo territorio e ne influenza il clima.
In Etiopia convivono pacificamente diversi popoli prevalentemente d’origine e lingue semitiche (come gli ebrei, con i quali sono direttamente apparentati, e gli arabi, con cui hanno quasi sempre avuto rapporti da buoni vicini): fra questi i principali sono gli Amara, gli Oromo, d’estrazione cuscitico-keniota (il popolo più numeroso), i Tigrini (che popolano anche la vicina Eritrea), gli Harari (che vivono nella regione di Harar), i Sidamo, i Guraghe, i Wolayta, i Gamo. Insieme a loro vivono, prevalentemente al sud, una cinquantina di popoli d’origine africana - diversi fra loro per lingua, cultura, abitudini - che hanno conservato e sviluppato liberamente le tradizioni ancestrali e i culti animisti. Fra loro segnaliamo, per l’originalità della cultura e il fascino delle consuetudini, gli Hamer, i Mursi, i Surma, i Konso, gli Arbore, i Dorze, i Karo, gli Ari, i Dassenech, i Borana, i Banna e i Bume.
Le religioni praticate nel paese sono il cristianesimo etiope, culto monofisita direttamente discendente dal giudaismo cristiano originario, dalla ricca tradizione liturgica e letteraria (circa 50 per cento della popolazione), l’islamismo sunnita, moderato e non integralista (40 per cento della popolazione) e le varie espressioni dell’animismo e dell’esoterismo tribale (10 per cento della popolazione). Le chiese cristiane (fra le quali spiccano autentici capolavori, come quelle rupestri del Tigrai, il complesso di 11 chiese duecentesche di Lalibela, i monasteri del Lago Tana) convivono ovunque senza frizioni con le moschee e con i luoghi dei culti ancestrali e gli spazi riservati agli antichi riti magici. A riprova di questa millenaria pratica tollerante va ricordato che la chiesa cristiana etiope, a differenza di tante altre istituzioni del cristianesimo nel mondo, non ha mai perseguitato o discriminato gli ebrei (la cui tradizione viene anzi tenuta in massimo rispetto), e che i primi discepoli del profeta Maometto, dovendo fuggire dalla penisola arabica, trovarono rifugio e accoglienza fraterna proprio nell’Etiopia cristiana (nel VII sec. d. C.). I popoli liberi del sud, infine, hanno sempre coltivato la loro alterità, indipendenza e autonomia culturale (rischiano di scomparire solo oggi, a causa dell’invadenza del turismo di massa e di certe pratiche pesanti di omologazione forzata). La lingua ufficiale del paese, parlata un po’ ovunque, è l’amarico, una lingua semitica (affine all’ebraico e all’arabo), dotata di un proprio alfabeto. L’inglese è utilizzato come lingua di comunicazione commerciale e con gli stranieri (chiamati amichevolmente “forengi”).
L’Etiopia è la culla dell’umanità, o meglio: qui la specie umana è nata due volte. In Etiopia infatti è stato rinvenuto lo scheletro del primo ominide affermatosi sulla Terra circa 3 milioni di anni fa, Lucy (non a caso una donna!), e sempre in Etiopia si sono formate le prime aggregazioni di Homo Sapiens, circa 160mila anni fa. E’ dall’Etiopia che i nostri diretti progenitori si sono spostati verso il resto del mondo, prima a colonizzare i territori settentrionali dell’Africa e quindi a portare vita umana e civiltà in Europa (e poi ovunque). Forse è proprio per questo che noi esseri umani di tutto il mondo, in Etiopia, ci sentiamo “a casa”, a nostro agio, fra una natura rigogliosa, una cultura antica e civile, popoli accoglienti, fraterni. La prima entità statale etiope è sorta intorno al 1000 a. C. (tre secoli prima della fondazione di Roma!), grazie all’incontro fra la regina di Saba (monarca del Regno Sabeo, nell’attuale Yemen, da sempre legato all’Etiopia da vincoli saldissimi) e il re Salomone d’Israele, figlio di David (l’unificatore dei due regni ebraici con capitale Gerusalemme) e fondatore del Primo Tempio (da qui il legame fra l’Etiopia e l’ebraismo). Figlio dell’unione fra i due re è stato Melenik I, fondatore dell’impero etiope (e, secondo la leggenda, trafugatore dell’Arca dell’Alleanza, che dovrebbe essere nascosta in uno degli edifici sacri del paese). Questo primo impero ha avuto come capitale Axum, e il suo dominio si è esteso a buona parte della regione (Sudan, Eritrea, Somalia, Yemen, parte della penisola arabica), fino al XI° secolo d. C. Quindi lo stato etiope ha avuto continuità grazie al succedersi di diverse altre dinastie imperiali (per tornare spesso al predominio di quella discendente da David), in un’area comprendente più o meno l’attuale territorio, ha edificato la nuova capitale nel l’area di Lalibela, ha superato le guerre di religione cristiano-musulmane che qui si sono sviluppate nel XVI° secolo (mentre contemporaneamente le guerre fra cattolici e protestanti infiammavano l’Europa), ha fondato un’altra meravigliosa capitale a Gondar, nel XVII° secolo, ed è giunto ad un nuovo periodo di fulgore alla fine dell’800, sotto la guida del grande negus (imperatore) Menelik II, che reagì al tentativo di aggressione italiana infliggendo all’esercito umbertino la più grande sconfitta di tutta la storia coloniale del mondo (Adua, 1896). Purtroppo l’Italia fascista aggredì una seconda volta l’Etiopia nel 1935, e riuscì ad avere momentaneamente la meglio sulla fortissima resistenza solo grazie all’impiego massiccio dei gas e della armi chimiche (impiegate per la prima volta nel mondo per sterminare la popolazione civile). I fascisti italiani, nel maggio del 1936, occuparono così circa un terzo del territorio dell’Impero etiope, interrompendo per cinque anni una storia trimillenaria di libertà ed indipendenza. In questo periodo fu imposto un regime di rigida segregazione e vennero uccisi, in rappresaglie e stragi dettate dall’odio razziale, circa 500 mila civili etiopi (su una popolazione stimata allora in 12 milioni di abitanti). Nell’aprile del 1941 la Resistenza etiope e l’esercito inglese fecero piazza pulita degli occupanti, e ridiedero all’Etiopia la sua indipendenza. L’ultimo negus, Hailé Selassié, cadde a causa di un colpo di stato militare nel 1974, e fu ucciso due anni dopo da Hailé Mariam Mengistu, che instaurò una sanguinaria dittatura sul modello sovietico. Col crollo dell’URSS, nel 1991, fu rovesciato anche il regime di Mengistu, che aveva provocato lutti, miseria, guerre civili e la secessione della provincia Eritrea. Ora l’Etiopia è un paese democratico e federale, il cui governo viene espresso, come in occidente, da un parlamento votato liberamente (più o meno) dai cittadini. Le tragedie della fame, della carestia, degli scontri violenti e delle sopraffazioni sono ricordi lontani.
Il paesaggio etiope è molto vario. L’altopiano occupa gran parte del territorio, con cime altissime al nord, città costruite su alte posizioni (Gondar è a 2200 metri, Addis Abeba, la capitale edificata da Manelik II sul modello di Roma, a 2500, Arba Minch, capoluogo della regione meridionale, a 1600), boschi, laghi incantevoli (come il Tana, grande 8 volte il Garda, e il Chamo, popolato da coccodrilli ed ippopotami, sopra le sponde del quale sorge Arba Minch: “In questo posto l’uomo si sente veramente il re dell’universo”, ha scritto Kapuscinski), foreste. A est si estende la grande depressione desertica della Dancalia (abitata dagli Afar), e a sud prevale la savana, nella quale spiccano i meravigliosi villaggi di Konso, Jinka, Turmi, Omorate, Dimeka. Qui scorre il grande fiume Omo, che rende verde e fertile l’ambiente. E qui i popoli liberi tengono i loro mercati, le feste rituali, gli incontri.
Il clima è ovunque prevalentemente mite e primaverile (sempre a causa dell’altopiano) durante tutto l’anno, tranne nella regione di Gambela, all’estremo ovest, dove è caldo-umido, e in Dancalia, dove è caldo-secco. La stagione delle piogge va dalla fine di aprile alla fine di settembre.
La cucina è straordinaria! Si mangia prevalentemente carne (bovini, ovini e pollame), pesce d’acqua dolce (in abbondanza: soprattutto lo squisito persico del Nilo), verdure, legumi, cereali. La base alimentare è costituita dall’ingera (una specie di pane soffice: una delizia che accompagna ogni pietanza), dal mais e dal riso. Gli etiopi (sia cristiani che musulmani) rispettano (come del resto gli ebrei) le prescrizioni alimentari bibliche (espresse nel Levitico e ignorate da altri cristiani): si fa fatica quindi a trovare in tavola il maiale, il coniglio, i gamberi. I cristiani etiopi, inoltre, osservano strettamente due giorni di digiuno dalla carne alla settimana, il mercoledì e il venerdì, digiunano per 40 giorni prima di Pasqua e per un mese in estate. Hanno sviluppato quindi anche una ottima cucina vegetariana.
L’ospitalità, in tutto il paese, è davvero proverbiale.
Pierpaolo Loffreda
L’Etiopia è un paese dell’Africa centro-orientale grande tre volte e mezza l’Italia, popolato da circa 120 milioni di abitanti e in buona parte fertile e ricco di piante e animali, grazie all’altopiano che domina il suo territorio e ne influenza il clima.
In Etiopia convivono pacificamente diversi popoli prevalentemente d’origine e lingue semitiche (come gli ebrei, con i quali sono direttamente apparentati, e gli arabi, con cui hanno quasi sempre avuto rapporti da buoni vicini): fra questi i principali sono gli Amara, gli Oromo, d’estrazione cuscitico-keniota (il popolo più numeroso), i Tigrini (che popolano anche la vicina Eritrea), gli Harari (che vivono nella regione di Harar), i Sidamo, i Guraghe, i Wolayta, i Gamo. Insieme a loro vivono, prevalentemente al sud, una cinquantina di popoli d’origine africana - diversi fra loro per lingua, cultura, abitudini - che hanno conservato e sviluppato liberamente le tradizioni ancestrali e i culti animisti. Fra loro segnaliamo, per l’originalità della cultura e il fascino delle consuetudini, gli Hamer, i Mursi, i Surma, i Konso, gli Arbore, i Dorze, i Karo, gli Ari, i Dassenech, i Borana, i Banna e i Bume.
Le religioni praticate nel paese sono il cristianesimo etiope, culto monofisita direttamente discendente dal giudaismo cristiano originario, dalla ricca tradizione liturgica e letteraria (circa 50 per cento della popolazione), l’islamismo sunnita, moderato e non integralista (40 per cento della popolazione) e le varie espressioni dell’animismo e dell’esoterismo tribale (10 per cento della popolazione). Le chiese cristiane (fra le quali spiccano autentici capolavori, come quelle rupestri del Tigrai, il complesso di 11 chiese duecentesche di Lalibela, i monasteri del Lago Tana) convivono ovunque senza frizioni con le moschee e con i luoghi dei culti ancestrali e gli spazi riservati agli antichi riti magici. A riprova di questa millenaria pratica tollerante va ricordato che la chiesa cristiana etiope, a differenza di tante altre istituzioni del cristianesimo nel mondo, non ha mai perseguitato o discriminato gli ebrei (la cui tradizione viene anzi tenuta in massimo rispetto), e che i primi discepoli del profeta Maometto, dovendo fuggire dalla penisola arabica, trovarono rifugio e accoglienza fraterna proprio nell’Etiopia cristiana (nel VII sec. d. C.). I popoli liberi del sud, infine, hanno sempre coltivato la loro alterità, indipendenza e autonomia culturale (rischiano di scomparire solo oggi, a causa dell’invadenza del turismo di massa e di certe pratiche pesanti di omologazione forzata). La lingua ufficiale del paese, parlata un po’ ovunque, è l’amarico, una lingua semitica (affine all’ebraico e all’arabo), dotata di un proprio alfabeto. L’inglese è utilizzato come lingua di comunicazione commerciale e con gli stranieri (chiamati amichevolmente “forengi”).
L’Etiopia è la culla dell’umanità, o meglio: qui la specie umana è nata due volte. In Etiopia infatti è stato rinvenuto lo scheletro del primo ominide affermatosi sulla Terra circa 3 milioni di anni fa, Lucy (non a caso una donna!), e sempre in Etiopia si sono formate le prime aggregazioni di Homo Sapiens, circa 160mila anni fa. E’ dall’Etiopia che i nostri diretti progenitori si sono spostati verso il resto del mondo, prima a colonizzare i territori settentrionali dell’Africa e quindi a portare vita umana e civiltà in Europa (e poi ovunque). Forse è proprio per questo che noi esseri umani di tutto il mondo, in Etiopia, ci sentiamo “a casa”, a nostro agio, fra una natura rigogliosa, una cultura antica e civile, popoli accoglienti, fraterni. La prima entità statale etiope è sorta intorno al 1000 a. C. (tre secoli prima della fondazione di Roma!), grazie all’incontro fra la regina di Saba (monarca del Regno Sabeo, nell’attuale Yemen, da sempre legato all’Etiopia da vincoli saldissimi) e il re Salomone d’Israele, figlio di David (l’unificatore dei due regni ebraici con capitale Gerusalemme) e fondatore del Primo Tempio (da qui il legame fra l’Etiopia e l’ebraismo). Figlio dell’unione fra i due re è stato Melenik I, fondatore dell’impero etiope (e, secondo la leggenda, trafugatore dell’Arca dell’Alleanza, che dovrebbe essere nascosta in uno degli edifici sacri del paese). Questo primo impero ha avuto come capitale Axum, e il suo dominio si è esteso a buona parte della regione (Sudan, Eritrea, Somalia, Yemen, parte della penisola arabica), fino al XI° secolo d. C. Quindi lo stato etiope ha avuto continuità grazie al succedersi di diverse altre dinastie imperiali (per tornare spesso al predominio di quella discendente da David), in un’area comprendente più o meno l’attuale territorio, ha edificato la nuova capitale nel l’area di Lalibela, ha superato le guerre di religione cristiano-musulmane che qui si sono sviluppate nel XVI° secolo (mentre contemporaneamente le guerre fra cattolici e protestanti infiammavano l’Europa), ha fondato un’altra meravigliosa capitale a Gondar, nel XVII° secolo, ed è giunto ad un nuovo periodo di fulgore alla fine dell’800, sotto la guida del grande negus (imperatore) Menelik II, che reagì al tentativo di aggressione italiana infliggendo all’esercito umbertino la più grande sconfitta di tutta la storia coloniale del mondo (Adua, 1896). Purtroppo l’Italia fascista aggredì una seconda volta l’Etiopia nel 1935, e riuscì ad avere momentaneamente la meglio sulla fortissima resistenza solo grazie all’impiego massiccio dei gas e della armi chimiche (impiegate per la prima volta nel mondo per sterminare la popolazione civile). I fascisti italiani, nel maggio del 1936, occuparono così circa un terzo del territorio dell’Impero etiope, interrompendo per cinque anni una storia trimillenaria di libertà ed indipendenza. In questo periodo fu imposto un regime di rigida segregazione e vennero uccisi, in rappresaglie e stragi dettate dall’odio razziale, circa 500 mila civili etiopi (su una popolazione stimata allora in 12 milioni di abitanti). Nell’aprile del 1941 la Resistenza etiope e l’esercito inglese fecero piazza pulita degli occupanti, e ridiedero all’Etiopia la sua indipendenza. L’ultimo negus, Hailé Selassié, cadde a causa di un colpo di stato militare nel 1974, e fu ucciso due anni dopo da Hailé Mariam Mengistu, che instaurò una sanguinaria dittatura sul modello sovietico. Col crollo dell’URSS, nel 1991, fu rovesciato anche il regime di Mengistu, che aveva provocato lutti, miseria, guerre civili e la secessione della provincia Eritrea. Ora l’Etiopia è un paese democratico e federale, il cui governo viene espresso, come in occidente, da un parlamento votato liberamente (più o meno) dai cittadini. Le tragedie della fame, della carestia, degli scontri violenti e delle sopraffazioni sono ricordi lontani.
Il paesaggio etiope è molto vario. L’altopiano occupa gran parte del territorio, con cime altissime al nord, città costruite su alte posizioni (Gondar è a 2200 metri, Addis Abeba, la capitale edificata da Manelik II sul modello di Roma, a 2500, Arba Minch, capoluogo della regione meridionale, a 1600), boschi, laghi incantevoli (come il Tana, grande 8 volte il Garda, e il Chamo, popolato da coccodrilli ed ippopotami, sopra le sponde del quale sorge Arba Minch: “In questo posto l’uomo si sente veramente il re dell’universo”, ha scritto Kapuscinski), foreste. A est si estende la grande depressione desertica della Dancalia (abitata dagli Afar), e a sud prevale la savana, nella quale spiccano i meravigliosi villaggi di Konso, Jinka, Turmi, Omorate, Dimeka. Qui scorre il grande fiume Omo, che rende verde e fertile l’ambiente. E qui i popoli liberi tengono i loro mercati, le feste rituali, gli incontri.
Il clima è ovunque prevalentemente mite e primaverile (sempre a causa dell’altopiano) durante tutto l’anno, tranne nella regione di Gambela, all’estremo ovest, dove è caldo-umido, e in Dancalia, dove è caldo-secco. La stagione delle piogge va dalla fine di aprile alla fine di settembre.
La cucina è straordinaria! Si mangia prevalentemente carne (bovini, ovini e pollame), pesce d’acqua dolce (in abbondanza: soprattutto lo squisito persico del Nilo), verdure, legumi, cereali. La base alimentare è costituita dall’ingera (una specie di pane soffice: una delizia che accompagna ogni pietanza), dal mais e dal riso. Gli etiopi (sia cristiani che musulmani) rispettano (come del resto gli ebrei) le prescrizioni alimentari bibliche (espresse nel Levitico e ignorate da altri cristiani): si fa fatica quindi a trovare in tavola il maiale, il coniglio, i gamberi. I cristiani etiopi, inoltre, osservano strettamente due giorni di digiuno dalla carne alla settimana, il mercoledì e il venerdì, digiunano per 40 giorni prima di Pasqua e per un mese in estate. Hanno sviluppato quindi anche una ottima cucina vegetariana.
L’ospitalità, in tutto il paese, è davvero proverbiale.
Pierpaolo Loffreda