Campo di concentramento di Terezin e visita dell'esposizione dei disegni dei bambini di Terezin alla Pinkas sinagoga di Praga
2 dicembre 2021. Dal 30 novembre al 4 dicembre sono andata a Praga e la prima (e unica) escursione fuori città che ho prenotato è stata quella al campo di concentramento di Terezin. Nonostante questi appunti non siano stati scritti sul posto, ho pensato che valga comunque la pena condividerli perché visitare un sito come Terezin ti lascia dentro qualcosa d'indelebile. Comincio con il dire che Terezin è stato il primo campo di concentramento che ho visitato, e, come faccio sempre, prima della visita non mi sono chiesta cosa avrei pensato o provato, né mi sono data aspettative.
Ho prenotato un tour tramite Get Your Guide. L'appuntamento era alle 13.30 vicino al Ponte Carlo, la guida era una signora di Praga molto disponibile, che parlava sia italiano sia inglese (nessuna delle due lingue perfettamente) e che ha accompagnato il nostro gruppo sino al campo. Il gruppo era composto da circa 8 persone, io e altre due ragazze italiane, e gli altri stranieri. Specifico subito che il tour è durato soltanto un pomeriggio e che ci vuole circa un'ora di strada ad andare da Praga a Terezin e altrettanto a tornare, quindi siamo stati al campo per sole due ore.
Quelle due ore, comunque, sono state più che sufficienti per farsi un'idea realista di cosa possano aver vissuto le persone rinchiuse lì dentro.
Ho prenotato un tour tramite Get Your Guide. L'appuntamento era alle 13.30 vicino al Ponte Carlo, la guida era una signora di Praga molto disponibile, che parlava sia italiano sia inglese (nessuna delle due lingue perfettamente) e che ha accompagnato il nostro gruppo sino al campo. Il gruppo era composto da circa 8 persone, io e altre due ragazze italiane, e gli altri stranieri. Specifico subito che il tour è durato soltanto un pomeriggio e che ci vuole circa un'ora di strada ad andare da Praga a Terezin e altrettanto a tornare, quindi siamo stati al campo per sole due ore.
Quelle due ore, comunque, sono state più che sufficienti per farsi un'idea realista di cosa possano aver vissuto le persone rinchiuse lì dentro.

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Breve storia di Terezin.
Prima di proseguire, vorrei inserire una breve storia di Terezin per aiutare le persone a capire meglio il contesto. Terezin non è nato come campo di sterminio, e non lo è mai diventato. Non c'erano le camere a gas. La gente non era mandata là per essere uccisa ma per essere poi caricata sui treni per altri campi. Molti venivano caricati sui "treni per l'Est" - che spesso portavano ad Auschwitz, dove la maggior parte della gente ha poi trovato la morte. A causa delle terribili condizioni di vita inclusive di malattie, scarsa igiene, fatica, carenza di cibo e acqua, molte persone sono comunque morte a Terezin.
Terezin è nata come fortezza, costruita fra il 1780 e il 1790, a 60 km da Praga. In seguito allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale (1939) la Germania nazista invase anche la Boemia e la Moravia, due regioni di quella che allora si chiamava Cecoslovacchia. Le leggi già in vigore in Germania presto furono applicate anche in quelle zone e tutte le persone ebree, senza distinzione di sesso o età, furono costrette ad abbandonare le proprie case, le proprie vite e i propri sogni per essere deportate nei vari luoghi scelti dai nazisti. Ci tengo sempre a dire che è facile, con il senno di poi, immaginare cosa sarebbe loro successo, ma dobbiamo ricordare che quelle persone non avevano idea della malvagità dei nazisti. Adesso sappiamo che tante persone costrette a stare a Terezin sono state deportate ad Auschwitz e tutti sappiamo, anche solo per sentito dire, cosa avveniva lì dentro. Loro no. Loro non potevano immaginare docce da cui, invece di uscire l'acqua, usciva il gas. Qualcuno ne parlava, ma tanti non ci credevano. Era una cosa talmente assurda e cattiva che non poteva essere reale. Terezin era considerato un "campo di transito" proprio perché lì transitavano gli ebrei verso il campo di sterminio di Auschwitz ma anche verso campi di concentramento in Austria o in Germania.
Gli ebrei che abitavano a Praga furono costretti a portare con sé una valigia che non poteva pesare più di 20 kg (immaginate di racchiudere tutta una vita in un bagaglio di massimo 20 kg). Nel frattempo gli abitanti di Terezin, ovvero circa 5.000 persone, furono costrette a lasciare la cittadina, che era stata scelta come campo di transito e lì furono portati dai 30mila ai 40mila ebrei.
Prima di proseguire, vorrei inserire una breve storia di Terezin per aiutare le persone a capire meglio il contesto. Terezin non è nato come campo di sterminio, e non lo è mai diventato. Non c'erano le camere a gas. La gente non era mandata là per essere uccisa ma per essere poi caricata sui treni per altri campi. Molti venivano caricati sui "treni per l'Est" - che spesso portavano ad Auschwitz, dove la maggior parte della gente ha poi trovato la morte. A causa delle terribili condizioni di vita inclusive di malattie, scarsa igiene, fatica, carenza di cibo e acqua, molte persone sono comunque morte a Terezin.
Terezin è nata come fortezza, costruita fra il 1780 e il 1790, a 60 km da Praga. In seguito allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale (1939) la Germania nazista invase anche la Boemia e la Moravia, due regioni di quella che allora si chiamava Cecoslovacchia. Le leggi già in vigore in Germania presto furono applicate anche in quelle zone e tutte le persone ebree, senza distinzione di sesso o età, furono costrette ad abbandonare le proprie case, le proprie vite e i propri sogni per essere deportate nei vari luoghi scelti dai nazisti. Ci tengo sempre a dire che è facile, con il senno di poi, immaginare cosa sarebbe loro successo, ma dobbiamo ricordare che quelle persone non avevano idea della malvagità dei nazisti. Adesso sappiamo che tante persone costrette a stare a Terezin sono state deportate ad Auschwitz e tutti sappiamo, anche solo per sentito dire, cosa avveniva lì dentro. Loro no. Loro non potevano immaginare docce da cui, invece di uscire l'acqua, usciva il gas. Qualcuno ne parlava, ma tanti non ci credevano. Era una cosa talmente assurda e cattiva che non poteva essere reale. Terezin era considerato un "campo di transito" proprio perché lì transitavano gli ebrei verso il campo di sterminio di Auschwitz ma anche verso campi di concentramento in Austria o in Germania.
Gli ebrei che abitavano a Praga furono costretti a portare con sé una valigia che non poteva pesare più di 20 kg (immaginate di racchiudere tutta una vita in un bagaglio di massimo 20 kg). Nel frattempo gli abitanti di Terezin, ovvero circa 5.000 persone, furono costrette a lasciare la cittadina, che era stata scelta come campo di transito e lì furono portati dai 30mila ai 40mila ebrei.
Si stima che circa 200.000 persone siano state deportate a Terezin. Di queste, 88.000 furono mandate ad Auschwitz e 40.000 sono decedute a Terezin a causa delle disumane condizioni di vita. Si stima che i sopravvissuti siano stati solamente circa 17.000.
Il crematorio e il cimitero
Il nostro primo stop, davvero velocissimo, è stato al crematorio e al cimitero. Abbiamo avuto meno di dieci minuti perché poi avevamo la visita prenotata con la guida alla piccola fortezza di Terezin ma è stata comunque un'esperienza molto toccante. Il crematorio fu costruito dai prigionieri sotto ordine delle SS ed è diventato operativo all'inizio del 1942. Nel picco di massima mortalità, c'erano ben diciotto prigionieri che coprivano turni costanti per garantire che il crematorio fosse sempre attivo. I cadaveri venivano posizionati negli inceneritori senza bare. I dottori potevano praticare l'autopsia su alcuni corpi, in caso di morte non chiara. A essere cremati qui erano le vittime morte nel ghetto ma anche i prigionieri della piccola fortezza. Nel 1944 e nel 1945 il crematorio si occupò anche dei cadaveri provenienti dal campo di concentramento di Litoměřice, dove le persone morivano a una frequenza impressionante a causa delle epidemie e del duro lavoro. Si stima che circa 30.000 persone siano state cremate fra il 1942 e il 1945.
Per via del Covid, eravamo l'unico gruppo a visitare il crematorio. Il silenzio era impressionante. Fuori, il cimitero, e sopra il cielo grigio. Si respirava un'aria strana già lì, come se fosse più pesante dell'aria normale.
Il nostro primo stop, davvero velocissimo, è stato al crematorio e al cimitero. Abbiamo avuto meno di dieci minuti perché poi avevamo la visita prenotata con la guida alla piccola fortezza di Terezin ma è stata comunque un'esperienza molto toccante. Il crematorio fu costruito dai prigionieri sotto ordine delle SS ed è diventato operativo all'inizio del 1942. Nel picco di massima mortalità, c'erano ben diciotto prigionieri che coprivano turni costanti per garantire che il crematorio fosse sempre attivo. I cadaveri venivano posizionati negli inceneritori senza bare. I dottori potevano praticare l'autopsia su alcuni corpi, in caso di morte non chiara. A essere cremati qui erano le vittime morte nel ghetto ma anche i prigionieri della piccola fortezza. Nel 1944 e nel 1945 il crematorio si occupò anche dei cadaveri provenienti dal campo di concentramento di Litoměřice, dove le persone morivano a una frequenza impressionante a causa delle epidemie e del duro lavoro. Si stima che circa 30.000 persone siano state cremate fra il 1942 e il 1945.
Per via del Covid, eravamo l'unico gruppo a visitare il crematorio. Il silenzio era impressionante. Fuori, il cimitero, e sopra il cielo grigio. Si respirava un'aria strana già lì, come se fosse più pesante dell'aria normale.
La visita alla piccola fortezza
A Terezin ci sono due fortezze, quella grande e quella piccola, e il campo di concentramento si trova dentro quest'ultima. La prima cosa che abbiamo visto, all'ingresso, è stato il cancello con la scritta, "Arbeit Macht Frei", ovvero il lavoro rende liberi, un motto ideati dai nazisti e ritrovato in quasi tutti i campi di concentramento o di sterminio. Io mi sono unita alla guida locale, che parlava inglese ed era stata ingaggiata per quelli del nostro gruppo che erano stranieri, però ho sentito dire che è consigliabile affidarsi a queste guide, che lavorano nel campo ogni giorno e sanno molti dettagli al riguardo. La nostra guida, infatti, era un uomo di non più di 40 anni, che aveva perso dei parenti proprio a Terezin.
Oltre al nostro gruppo, c'era solo un altro piccolo gruppo e tutto quel silenzio era quasi irreale. La parola esatta sarebbe: immobilità.
A Terezin ci sono due fortezze, quella grande e quella piccola, e il campo di concentramento si trova dentro quest'ultima. La prima cosa che abbiamo visto, all'ingresso, è stato il cancello con la scritta, "Arbeit Macht Frei", ovvero il lavoro rende liberi, un motto ideati dai nazisti e ritrovato in quasi tutti i campi di concentramento o di sterminio. Io mi sono unita alla guida locale, che parlava inglese ed era stata ingaggiata per quelli del nostro gruppo che erano stranieri, però ho sentito dire che è consigliabile affidarsi a queste guide, che lavorano nel campo ogni giorno e sanno molti dettagli al riguardo. La nostra guida, infatti, era un uomo di non più di 40 anni, che aveva perso dei parenti proprio a Terezin.
Oltre al nostro gruppo, c'era solo un altro piccolo gruppo e tutto quel silenzio era quasi irreale. La parola esatta sarebbe: immobilità.
Le condizioni di vita (se così possono essere definite) dentro la piccola fortezza erano disumane, decine e decine di persone costrette a "vivere" in stanze pensate per molta meno gente, quasi senza mangiare o bere, spesso senza fare la doccia per lunghissimi periodi. Questa scarsa igiene dava il via a epidemie di ogni tipo, che mietevano vittime a una velocità impressionante. La guida ha raccontato di una stanza in particolare con una specie di vetrata a mo' di tetto, i prigionieri erano costretti a stare lì, ammassati gli uni contro gli altri, a morire di caldo d'estate e di freddo d'inverno. E' possibile entrare a vedere l'ospedale (anche in questo caso, la parola "ospedale" è un'esagerazione) e le baracche, dove è possibile toccare i letti di legno e cercare d'immaginare come decine e decine di persone potessero sopravvivere ammassate lì dentro. La sporcizia e le malattie uccidevano tanti prigionieri, ma alcuni sono morti in seguito a torture o fucilazioni.
Camminando per il campo, specialmente come nel mio caso, ovvero con solo pochissime persone oltre me, e a un'orario particolare, quando stavamo per concludere il sole stava per morire, ed era quel momento della giornata in cui tutto sembra trattenere il fiato. Le anime delle persone che lì hanno sofferto, o sono morte, sembrano essere ancora lì. Personalmente, ho come avuto l'impressione di vedere delle figure grigie, che sprigionavano angoscia e dolore. E' come se ogni mattone del muro, ogni pezzo di legno dei letti nelle baracche, i catini, i sassi... ogni singola cosa che vedi nel campo sia ancora intrisa dell'essenza di quelle persone. Un particolare agghiacciante è come le famiglie dei nazisti che lavoravano nel campo vivessero praticamente lì accanto, infatti la guida ci ha detto che quelle persone avevano animali come le mucche da cui prendevano il latte e dietro la staccionata c'erano i resti di quella che era stata una piscina per il benessere e il divertimento delle famiglie dei nazisti. Prima di andare via abbiamo guardato un breve documentario (di propaganda, ma di questo parlerò nel paragrafo sotto) e il cinema dove ci siamo seduti era quello utilizzato, come svago, dalle famiglie dei nazisti.
Pensate, da una parte gente che faceva una vita tutto sommato normale, anzi agiata, con svaghi come cinema e piscina, e a un tiro di schioppo persone che morivano di stenti o venivano uccise.
Un altro particolare che mi ha toccata è stato entrare nella stanza delle docce. Ora noi, con il senno di poi, sappiamo che quelle non erano le temute "docce" che in realtà erano camere a gas, ma la gente di quei tempi non poteva essere certa di niente. Prima di andare a Praga ho letto un libro che racchiude la testimonianza di una sopravvissuta all'Olocausto, stata anche nel campo di concentramento di Terezin, che racconta di come, al momento di andare a fare la doccia, c'era chi diceva che invece di uscire l'acqua dai tubi sarebbe uscito il gas, perché aveva sentito dire che cose del genere succedevano per davvero. Era difficile credere a una cosa tanto disumana, ma ovviamente un minimo dubbio nasceva in te anche se eri convinto che dalle docce sarebbe uscita solo acqua. Entrare nella stanza delle docce, dunque, "fingendo" di essere una persona ebrea che viene portata lì, e ha sentito dire da altri ebrei che è possibile essere gassata insieme agli altri, dà una sensazione unica. Ti rendi conto di come la paura possa essere agghiacciante e paralizzante, le gambe diventano pesanti e la tua testa pensa in maniera incessante, come a voler evitare proprio il pensiero delle "docce" con il gas. E' un attimo, e per sopravvivere devi uscire da quella persona che stai interpretando, e torni nella sicurezza di una visita al campo di concentramento nel 2021. Sai benissimo, però, che per tante persone quest'opzione non esisteva, e il tuo passato era il loro presente.
Camminando per il campo, specialmente come nel mio caso, ovvero con solo pochissime persone oltre me, e a un'orario particolare, quando stavamo per concludere il sole stava per morire, ed era quel momento della giornata in cui tutto sembra trattenere il fiato. Le anime delle persone che lì hanno sofferto, o sono morte, sembrano essere ancora lì. Personalmente, ho come avuto l'impressione di vedere delle figure grigie, che sprigionavano angoscia e dolore. E' come se ogni mattone del muro, ogni pezzo di legno dei letti nelle baracche, i catini, i sassi... ogni singola cosa che vedi nel campo sia ancora intrisa dell'essenza di quelle persone. Un particolare agghiacciante è come le famiglie dei nazisti che lavoravano nel campo vivessero praticamente lì accanto, infatti la guida ci ha detto che quelle persone avevano animali come le mucche da cui prendevano il latte e dietro la staccionata c'erano i resti di quella che era stata una piscina per il benessere e il divertimento delle famiglie dei nazisti. Prima di andare via abbiamo guardato un breve documentario (di propaganda, ma di questo parlerò nel paragrafo sotto) e il cinema dove ci siamo seduti era quello utilizzato, come svago, dalle famiglie dei nazisti.
Pensate, da una parte gente che faceva una vita tutto sommato normale, anzi agiata, con svaghi come cinema e piscina, e a un tiro di schioppo persone che morivano di stenti o venivano uccise.
Un altro particolare che mi ha toccata è stato entrare nella stanza delle docce. Ora noi, con il senno di poi, sappiamo che quelle non erano le temute "docce" che in realtà erano camere a gas, ma la gente di quei tempi non poteva essere certa di niente. Prima di andare a Praga ho letto un libro che racchiude la testimonianza di una sopravvissuta all'Olocausto, stata anche nel campo di concentramento di Terezin, che racconta di come, al momento di andare a fare la doccia, c'era chi diceva che invece di uscire l'acqua dai tubi sarebbe uscito il gas, perché aveva sentito dire che cose del genere succedevano per davvero. Era difficile credere a una cosa tanto disumana, ma ovviamente un minimo dubbio nasceva in te anche se eri convinto che dalle docce sarebbe uscita solo acqua. Entrare nella stanza delle docce, dunque, "fingendo" di essere una persona ebrea che viene portata lì, e ha sentito dire da altri ebrei che è possibile essere gassata insieme agli altri, dà una sensazione unica. Ti rendi conto di come la paura possa essere agghiacciante e paralizzante, le gambe diventano pesanti e la tua testa pensa in maniera incessante, come a voler evitare proprio il pensiero delle "docce" con il gas. E' un attimo, e per sopravvivere devi uscire da quella persona che stai interpretando, e torni nella sicurezza di una visita al campo di concentramento nel 2021. Sai benissimo, però, che per tante persone quest'opzione non esisteva, e il tuo passato era il loro presente.
Il film di propaganda
Dal 1942 diverse persone in Europa, ma anche oltre, cominciarono a farsi delle domande su quello che accadeva nei campi di concentramento nazisti e nel 1943 il governo della Danimarca pretese delle risposte chiare alla domanda, "Che ne è stato degli ebrei deportati a Terezin?". Ovviamente, i nazisti non potevano rispondere la verità, e così iniziarono con la propaganda. Fu proprio nel 1953 che l'Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich decise di produrre un film dal titolo "Il Fuhrer regala una città agli ebrei" che avrebbe mostrato come gli ebrei austriaci, danesi e tedeschi (inclusi uomini di cultura, disabili e anziani) vivessero felici, senza che mancasse loro niente.
Questo film fu girato a Terezin. Era impossibile fare le riprese con il campo e la maggior parte dei prigionieri in condizioni incresciose, così le SS diedero ordine ai prigionieri di "abbellire" il ghetto dipingendo le case, sistemando i giardini e sistemando insegne di finti teatri e scuole fasulle sui vari edifici. Gli ebrei presero parte al film anche dietro le quinte come sceneggiatori, editori, compositori, oltre che come attori. Solo qualche minuto del film (visionabile al video Youtube in fondo a questo paragrafo) è giunto a noi, ma la durata intera era di un'ora. Il film mostrava immagini dei prigionieri che assistevano a un concerto, giocavano a calcio, si rilassavano all'interno degli edifici o prendendosi cura dei propri giardini. Il film fu visionato e il rappresentante della Croce Rossa dichiarò di aver visitato una città di provincia "normale", e di aver trascorso del tempo in un posto accogliente. Il campo era sovrappopolato prima delle riprese, così decine e decine di persone furono caricate sui treni che portavano a "Est". Le persone scelte per apparire nel film erano quelle che meglio potevano sembrare in salute e capaci di vivere una vita normale. Al termine delle riprese del film, per sbarazzarsi di testimoni, i nazisti caricarono tutti gli ebrei che vi avevano partecipato sui treni diretti ad Auschwitz.
Dal 1942 diverse persone in Europa, ma anche oltre, cominciarono a farsi delle domande su quello che accadeva nei campi di concentramento nazisti e nel 1943 il governo della Danimarca pretese delle risposte chiare alla domanda, "Che ne è stato degli ebrei deportati a Terezin?". Ovviamente, i nazisti non potevano rispondere la verità, e così iniziarono con la propaganda. Fu proprio nel 1953 che l'Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich decise di produrre un film dal titolo "Il Fuhrer regala una città agli ebrei" che avrebbe mostrato come gli ebrei austriaci, danesi e tedeschi (inclusi uomini di cultura, disabili e anziani) vivessero felici, senza che mancasse loro niente.
Questo film fu girato a Terezin. Era impossibile fare le riprese con il campo e la maggior parte dei prigionieri in condizioni incresciose, così le SS diedero ordine ai prigionieri di "abbellire" il ghetto dipingendo le case, sistemando i giardini e sistemando insegne di finti teatri e scuole fasulle sui vari edifici. Gli ebrei presero parte al film anche dietro le quinte come sceneggiatori, editori, compositori, oltre che come attori. Solo qualche minuto del film (visionabile al video Youtube in fondo a questo paragrafo) è giunto a noi, ma la durata intera era di un'ora. Il film mostrava immagini dei prigionieri che assistevano a un concerto, giocavano a calcio, si rilassavano all'interno degli edifici o prendendosi cura dei propri giardini. Il film fu visionato e il rappresentante della Croce Rossa dichiarò di aver visitato una città di provincia "normale", e di aver trascorso del tempo in un posto accogliente. Il campo era sovrappopolato prima delle riprese, così decine e decine di persone furono caricate sui treni che portavano a "Est". Le persone scelte per apparire nel film erano quelle che meglio potevano sembrare in salute e capaci di vivere una vita normale. Al termine delle riprese del film, per sbarazzarsi di testimoni, i nazisti caricarono tutti gli ebrei che vi avevano partecipato sui treni diretti ad Auschwitz.
Il Memoriale delle vittime ceche e morave dell'Olocausto
Ero convinta che avrei visto i disegni nel campo di concentramento di Terezin ma la guida mi ha detto che si trovano alla Pinkas sinagoga, una delle sinagoghe nel centro di Praga, e così la mattina del 3 dicembre ci sono andata. La sinagoga è stata chiamata, nel dopoguerra, Memoriale degli ebrei ciechi e moravi vittime dell'Olocausto. Appena si entra, si è catapultati ancora una volta in un mondo irreale. Sì, perché le pareti sono ricoperte di scritte aggraziate che riportano nomi, cognomi e da di morte o di deportazione. La navata principale, il vestibolo e la galleria contengono questa sfilza apparentemente infinita di nomi di oltre 80.000 esseri umani. Per risalire a questi nomi, sono stati fatti studi che hanno portato allo stabilire l'identità di queste persone. Quando ci si trova lì, specialmente se da soli o con poche persone, con della toccante musica ebrea in sottofondo, ancora una volta la follia dell'Uomo è chiarissima. Come sempre, penso sia importante capire che il numero di quei nomi è impressionante, ma io preferisco focalizzarmi sul singolo. Ho letto delle manciate di nomi, cognomi e date, scelte a caso. E' semplicemente impossibile leggerli tutti. Leggi un nome, un cognome, una data e fai un calcolo approssimativo dell'età della persona quando è morta o è stata deportata (spesso andando comunque incontro alla morte) e poi te la immagini quella persona. E' facile, altrimenti, perdere ogni singolo individuo all'interno dei numeri e delle statistiche. Oltre 800.000 vittime significa oltre 800.000 individui, donne, uomini, giovani, anziani... persone con le proprie caratteristiche, i propri sogni, le proprie speranze, gli studi in corso, i lavori, le passioni, la famiglia, le amicizie, gli amori, i gusti, i talenti...
Ero convinta che avrei visto i disegni nel campo di concentramento di Terezin ma la guida mi ha detto che si trovano alla Pinkas sinagoga, una delle sinagoghe nel centro di Praga, e così la mattina del 3 dicembre ci sono andata. La sinagoga è stata chiamata, nel dopoguerra, Memoriale degli ebrei ciechi e moravi vittime dell'Olocausto. Appena si entra, si è catapultati ancora una volta in un mondo irreale. Sì, perché le pareti sono ricoperte di scritte aggraziate che riportano nomi, cognomi e da di morte o di deportazione. La navata principale, il vestibolo e la galleria contengono questa sfilza apparentemente infinita di nomi di oltre 80.000 esseri umani. Per risalire a questi nomi, sono stati fatti studi che hanno portato allo stabilire l'identità di queste persone. Quando ci si trova lì, specialmente se da soli o con poche persone, con della toccante musica ebrea in sottofondo, ancora una volta la follia dell'Uomo è chiarissima. Come sempre, penso sia importante capire che il numero di quei nomi è impressionante, ma io preferisco focalizzarmi sul singolo. Ho letto delle manciate di nomi, cognomi e date, scelte a caso. E' semplicemente impossibile leggerli tutti. Leggi un nome, un cognome, una data e fai un calcolo approssimativo dell'età della persona quando è morta o è stata deportata (spesso andando comunque incontro alla morte) e poi te la immagini quella persona. E' facile, altrimenti, perdere ogni singolo individuo all'interno dei numeri e delle statistiche. Oltre 800.000 vittime significa oltre 800.000 individui, donne, uomini, giovani, anziani... persone con le proprie caratteristiche, i propri sogni, le proprie speranze, gli studi in corso, i lavori, le passioni, la famiglia, le amicizie, gli amori, i gusti, i talenti...
I disegni dei bambini di Terezin
La sinagoga ospita una mostra permanente dove è possibile vedere i disegni realizzati fra il 1942 e il 1944 da alcuni dei bambini del campo di concentramento di Terezin. Si stima che nel campo fossero internati circa 10.000 bambini e ragazzini al di sotto dei quindici anni. A organizzare le lezioni improvvisate per i ragazzi furono gli stessi prigionieri. Fra questi, infatti, c'erano intellettuali, artisti e musicisti. A far disegnare i bambini fu l'artista Friedl Dicker-Brandeis che poi conservò i quattromila fogli, che furono rinvenuti dieci anni dopo la morte dell'artista ad Auschwitz. I disegni spaziano da quelli che ritraggono attimi di serenità e normalità, di solito risalenti a prima della guerra, ad altri che parlano di dolore, sofferenza e morte. Altri ancora ritraggono le condizioni di vita nel campo, o il trasporto dalla città al campo. I disegni sono mezzi importanti che ci permettono di vedere la guerra e la prigionia attraverso gli occhi dei giovanissimi. Molti di questi bambini sono morti nei campi di concentramento o di sterminio, spesso ad Auschwitz, e questi disegni sono l'unica testimonianza del loro passaggio sulla Terra.
Oltre ai disegni, sono esposti anche oggetti come medagliette, valigie e diari. E' possibile vedere anche le foto di alcuni dei bambini che hanno realizzato i disegni. La stanza dedicata alla mostra è piccola, e spesso affollata, e penso che sia necessario dedicargli del tempo e aspettare che la calca si disfaccia un po' per vedere meglio ogni singolo disegno e oggetto. Anche in questo caso, è fondamentale, per capire meglio, mettersi nei panni di quei bambini, ripensare a com'eravamo noi a 12, 10 o 7 anni e cercare di vedere la guerra e il campo di concentramento di Terezin con gli occhi di un'infanzia che i nazisti cercano di portar via ogni secondo, ma che, imperterrita, torna nella speranza, nei giochi, nei colori solo per essere annullata davanti a disegni che parlano d'incertezza, di morte e di tanta voglia di tornare a casa.
La sinagoga ospita una mostra permanente dove è possibile vedere i disegni realizzati fra il 1942 e il 1944 da alcuni dei bambini del campo di concentramento di Terezin. Si stima che nel campo fossero internati circa 10.000 bambini e ragazzini al di sotto dei quindici anni. A organizzare le lezioni improvvisate per i ragazzi furono gli stessi prigionieri. Fra questi, infatti, c'erano intellettuali, artisti e musicisti. A far disegnare i bambini fu l'artista Friedl Dicker-Brandeis che poi conservò i quattromila fogli, che furono rinvenuti dieci anni dopo la morte dell'artista ad Auschwitz. I disegni spaziano da quelli che ritraggono attimi di serenità e normalità, di solito risalenti a prima della guerra, ad altri che parlano di dolore, sofferenza e morte. Altri ancora ritraggono le condizioni di vita nel campo, o il trasporto dalla città al campo. I disegni sono mezzi importanti che ci permettono di vedere la guerra e la prigionia attraverso gli occhi dei giovanissimi. Molti di questi bambini sono morti nei campi di concentramento o di sterminio, spesso ad Auschwitz, e questi disegni sono l'unica testimonianza del loro passaggio sulla Terra.
Oltre ai disegni, sono esposti anche oggetti come medagliette, valigie e diari. E' possibile vedere anche le foto di alcuni dei bambini che hanno realizzato i disegni. La stanza dedicata alla mostra è piccola, e spesso affollata, e penso che sia necessario dedicargli del tempo e aspettare che la calca si disfaccia un po' per vedere meglio ogni singolo disegno e oggetto. Anche in questo caso, è fondamentale, per capire meglio, mettersi nei panni di quei bambini, ripensare a com'eravamo noi a 12, 10 o 7 anni e cercare di vedere la guerra e il campo di concentramento di Terezin con gli occhi di un'infanzia che i nazisti cercano di portar via ogni secondo, ma che, imperterrita, torna nella speranza, nei giochi, nei colori solo per essere annullata davanti a disegni che parlano d'incertezza, di morte e di tanta voglia di tornare a casa.
Un topo non costruirebbe mai |
Riflessione finale - da ieri a oggi
Ogni anno, specialmente in occasione della Giornata della Memoria, ecco che vengono fuori eventi, post sui social e quant'altro con frasi come "Per non dimenticare" e "Mai più". Forse questa riflessione sarà un po' provocatoria, ma io penso che chi s'impegna tutto l'anno, non solo a ricordare, ma ad agire per rendere il presente migliore per tutti, e il futuro decisamente più roseo del mondo attuale, allora sta davvero onorando la memoria di chi è morto in campi come Terezin o ad Auschwitz. Il resto, è buonismo. Basta guardarsi intorno per renderci conto che oggi, nel 2021, il mondo è in una situazione molto complessa, con tante guerre e conflitti in corso, un numero elevatissimo di rifugiati e persone internamente disperse, bambini che ancora muoiono di sete, di fame o di malattie curabili e soprattutto persone costrette a lasciare le proprie case, le proprie vite e i propri Paesi per fuggire da guerre e/o persecuzioni. Cosa succede a queste persone? Molte trovano, in Europa e non solo, la chiusura da parte dei governi e di molte persone. Per fortuna c'è anche chi aiuta, ma bisogna renderci conto che siamo nel 2021 e in questo preciso momento famiglie rischiano di morire al confine della Polonia, altre sono costrette a tornare indietro nonostante i loro Paesi siano vittime della guerra, e là non ci sia reale speranza di vita. Vediamo costantemente foto e video di bambini che muoiono di freddo, di giovani sopravvissuti alle bombe, lasciati morire di stenti nei boschi, di muri che vengono alzati, di leggi che aggirano il rispetto dei basilari diritti umani, di esseri umani usati come pedine nella grande scacchiera di "chi comanda", e di tanta gente che ancora fa finta di niente, che il 27 gennaio si sveglia e dice "Per non dimenticare" ed è cieca ogni giorno. E tutto questo senza considerare il fatto che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, nonostante pian piano si sia venuto a sapere cosa succedeva davvero nei campi di concentramento e di sterminio, ci sono stati numerosi altri genocidi in varie zone del mondo, fra cui il genocidio dei popoli dell'Indonesia (1965/67 e 1974/1999), il genocidio del popolo cambogiano (1975-1979), il genocidio del popolo sudanese, il genocidio dei popoli del Ruanda e del Burundi, il genocidio dei popoli dell'America Latina e il genocidio del popolo iracheno. Tutto questo senza considerare le varie guerre e i vari conflitti non classificati come genocidi ma che hanno comunque visto la sofferenza e la morte di milioni di persone nel mondo. L'immagine che vedete qui accanto (la prima in alto) mi ha colpita perché è il disegno fatto da uno dei bambini di Terezin, che ritrae una barca che affonda, e che mi ha fatto subito pensare ai numerosi migranti, inclusi i bambini, che hanno trovato la morte in mare. Un triste filo invisibile sembra legare i bambini di Terezin a quelli dei campi profughi di oggi. Si dice che dobbiamo guardare alla Storia per non dimenticare gli orrori e gli errori del passato, eppure sempre più persone si concentrano su sé stesse, su fattori come la ricchezza materiale o la popolarità sui social, che non hanno alcuna importanza. Siamo in un momento cruciale, vediamo il mondo peggiorare sempre di più, con la maggior parte della gente che vive in condizioni di estremo disagio senza colpa alcuna. E quel che è peggio è che, oggi come in nessun altro periodo storico, abbiamo i social e Internet per connetterci ma spesso questa tecnologia viene usata in maniera scorretta e pericolosa, per aizzarci gli uni contro gli altri quando invece dovremmo unire le forze per combattere contro chi ci vuole divisi, perché un mondo diviso è più gestibile, e ciò che crea la divisione è la paura. La paura del diverso. Il prendere di mira qualcuno (un ebreo, un immigrato, una persona che ha un'altra religione o il colore diverso della pelle) e farlo diventare capro espiatorio per tutto quello che non va. Sembra una storia già sentita, ma forse siamo ancora in tempo a riscrivere il finale. |