MARICLA PANNOCCHIA
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L'ALLARMANTE ABITUDINE A DIRE CIO' CHE E' "GIUSTO"

5/1/2022

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Mi sono chiesta se scrivere o meno questo post, perché potrebbe essere frainteso, però penso di dover esprimere quello che ho sentito oggi. Primo Maggio, abito a Roma da qualche mese e ho deciso di andare al concerto che, dopo due anni, è tornato in piazza San Giovanni, gremita di gente. C'erano 300.000 persone, secondo le stime, ma secondo me erano di più.

Il pubblico era composto principalmente da giovanissimi e giovani fra i 16 e i 35 anni. La conduttrice indossava un maglione con le righe blu e gialle che richiamano, ovviamente, i colori della bandiera ucraina. Se avessero richiamato quelli della bandiera dello Yemen i colori sarebbero stati... appunto. 

A parte questo, il concerto è cominciato con degli artisti scappati da Paesi in guerra che hanno cantato, tutti insieme, la celebre canzone "Imagine". Quasi tutta la gente intorno a me cantava a squarciagola, mentre mandava giù birra, e poi rideva sguaiatamente con gli amici e dopo c'è stata l'esibizione di una band ucraina, "ma chi sono quelli?". Frasi sulla guerra, sulla pace, sulla fratellanza. Scritte sui cartelli o sul corpo, "No War". Tutto bello, tutto giusto, ma mi è sorto un dubbio, nel vedere queste persone a cui sarei stata tanto curiosa di chiedere, ma tu lo sai chi sono i Rohingya? Oppure, mi dici altri cinque Paesi oltre l'Ucraina che sono attualmente in guerra? Due domande a caso perché, a dirla tutta, negli occhi di quella gente non ho visto proprio niente. Dunque, belle parole abbinate a comportamenti che, nel giro di pochi minuti o anche meno, spaziavano da varie forme di denigrazione dell'altro (esempio, offese e risate per gli "sconosciuti" che si esibivano sul palco, probabilmente dettate dall'invidia) e mancanze di rispetto come spintoni, urla senza motivo, risate esagerate. Era chiaro che il 99% di quelle persone avesse solo voglia di divertirsi, e ci sta, ma è anche chiaro come la maggior parte della gente dica "sì alla pace, no alla guerra (sottintendo, spesso, in Ucraina)" perché è quello che fanno tutti, è quello che ora "va di moda", e poi è giusto, chi è che vorrebbe la guerra?
Tempo fa ho sentito una persona che stimo molto dire che, secondo lei, alcune guerre sono "giuste". Ricordo di aver pensato, "ma come? Ma cosa dici?" Sarei curiosa, proprio a livello di crescita personale e formazione, di sapere cosa intendesse dire con quelle parole. Quest'esempio è per dire che preferisco una persona che ha visto certe cose con i propri occhi e si è informata e arriva a dire una frase del genere piuttosto una che dice "sì alla pace" semplicemente perché lo fanno tutti, con lo stesso livello di profondità e consapevolezza con cui possiamo dire "forse domani pioverà".
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L'importanza d'informarsi
Anche se alcuni possono pensare il contrario, non sto scrivendo questo post contro nessuno. Non voglio giudicare. Da un po' di tempo non me ne importa più niente di sensibilizzare le persone su questo o quell'argomento (sensibilizzare vuol dire, alla fine, convincerle a pensarla come me), io presento loro delle storie e delle informazioni e ognuno formerà la propria opinione. Detto questo, credo che ora più che mai sia fondamentale che ognuno di noi s'informi. Non penso che dobbiamo essere necessariamente laureati o lavorare nel mondo delle Associazioni e via dicendo, ma penso che dobbiamo essere, semplicemente, più umani. Prima di scriversi addosso "no war", domandiamoci quante guerre ci sono e ci sono state, se e come sono finite, quali sono le condizioni in cui ancora vivono i sopravvissuti... nella metro, mentre andavo al suddetto concerto, una signora mi ha detto, "Prima il Covid, ora c'è anche la guerra", al che mi è scappato detto, "Signora, non è che la guerra c'è da un paio di mesi. Le guerre ci sono da sempre" e lei, "Sì, ma questa ci tocca da vicino, e poi loro sono più simili a noi." Mi ero in qualche modo promessa di sforzarmi di non fare più discorsi su come sarebbe necessario parlare di tutte le guerre, non mi va di spiegare per la millesima volta perché io sento come un pugno allo stomaco quando penso ai bambini che ho incontrato due mesi fa nel campo profughi al confine turco-siriano, gettati lì, abbandonati, e se non fosse per Arianna e la sua Onlus "Support and Sustain Children", chissà che fine farebbero, e di come questi abbiano gli stessi diritti dei bambini ucraini. Non voglio farlo perché penso che, anche questo, in qualche modo aumenti le differenziazioni e spinga le persone a continuare a vedere un "loro" e un "noi" invece di un'unica entità.

Detto questo, se è vero che ci sono tante persone che fanno molto per gli altri, è anche vero che queste solitamente lo facevano già prima dello scoppio della recente guerra in Ucraina. Io sto parlando delle persone "comuni", di quelle che hanno messo la bandiera Ucraina sul profilo Facebook, di quelle che hanno deciso di accogliere degli ucraini in casa, gesto sicuramente molto bello, ma mi sono sempre chiesta, non ci vorrebbe una debita selezione e formazione? Perché sicuramente accogliere queste persone significa avere a che fare con gente traumatizzata e le persone che nella vita fanno lavori che non hanno niente a che vedere con il supporto psicologico, come possono convivere con delle vittime della guerra? Con  questo non voglio dire che dovremmo lasciare queste persone per strada, ma è uno spunto che mi ha sempre spinto a domandarmi, "ma non è che accogliere loro fa stare bene noi, che ci fa sentire più buoni?". Questo, alla fine, forse è un altro discorso.

Quello che voglio dire è che, se domani scoppiasse una guerra nel Paese X, e tutti i telegiornali cominciassero a parlare di quella, e tutti mettessero una nuova bandiera sui profili Facebook, il 99% delle persone farebbe la stessa cosa. Un po' com'è successo con il Covid-19. Fino a marzo, tutti lì a scannarsi, esperti di vaccini, virus e quant'altro. Odio fra vaccinati e non vaccinati. Allo scoppio della guerra in Ucraina, quando i politici e i grandi media hanno deciso che era arrivato il momento di creare paura e ulteriore divisione usando un altro strumento, ecco che il Covid è finito nel dimenticatoio e tutti a dire "no alla guerra" e a postare la famosa bandiera ucraina sui social network.


Vivere ogni giorno secondi i propri ideali
Penso che ciò che differenzia le persone che sono genuinamente interessate agli altri siano le azioni. Le parole dette a voce, e anche scritte con un pennarello sulla pelle, se le porta via il vento, ma le azioni restano per sempre. E non dico solo le azioni fatte per aiutare chi è in estrema difficoltà ma penso, appunto, alle quotidiane mancanze di rispetto che vedo in giro. Io non sono una santa, però cerco di fare del mio meglio per comportarmi sempre in linea con i miei valori. 
Il fatto è che, per sapere quali sono i propri valori e pilastri, bisogna conoscere quantomeno un po' noi stessi mentre è provato che la maggior parte della gente, oltre il 95%, vive con il pilota automatico inserito, ovvero compie tutta una serie di azioni senza neanche sapere perché. Spesso perché "lo fanno tutti", per compiacere gli altri o cercare la loro approvazione (a livello più o meno inconscio) e perché tutte queste scelte, parole e idee fanno parte degli schemi mentali che abbiamo appreso dagli altri o, per meglio dire, che ci sono stati inculcati dall'infanzia a oggi. 
Quindi, ora tutti si preoccupano per la guerra in Ucraina, e ovviamente è giusto farlo e con questo scritto non voglio sminuire il dolore di tutte le persone ucraine, ma voglio spingere gli individui a riflettere. Voglio incoraggiarli a scavare. Oltre a informarvi online, specialmente se conoscete l'inglese, non mi stancherò mai di dire: viaggiate. Bisogna viaggiare tanto e farlo per bene, con serenità e umiltà e allora quello che apprenderete vi cambierà per sempre, e non avrete neanche più bisogno di scrivere "no alla guerra" su un cartello o sulla vostra pelle, perché vivrete questa realtà in ogni singolo momento di ogni singolo giorno, e non posterete più solo una bandiera, e sentirete nel profondo una reale, genuina connessione con la vita, se così può essere chiamata, che la maggior parte della gente su questa Terra è costretta (da altre persone, ricordiamocelo) a vivere. 
E' tutto lì. Non è qualcosa che ha a che vedere con le mode, con quello che fanno tutti, ma con lo scavare dentro di te, con il fare ciò che puoi per connetterti con persone da tutto il mondo, per donarti e ricevere, per sentire dentro di te che, pian piano, tutto cambia e qualcosa ti si radica nel profondo ed  è lì che, finalmente, sei libero di ragionare con la tua testa e di dire quello che tu reputi giusto.
 
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    Pensieri in libertà. Emozioni in viaggio. Dubbi. Crescita personale. Il caos e la meraviglia che ho nella mente e nell'anima. 

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