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12/6/2020 0 Comments

RECENSIONE: IL QUADERNO azzurro DI james a. levine

Picture

Titolo: Il quaderno azzurro
Autore: James A. Levine
Genere: storie vere
Sinossi: Batuk ha quindici anni e due tesori: la sua bellezza e una matita. Viveva in campagna prima di essere venduta dalla famiglia, costretta dall'indigenza, alla tenutaria di un bordello. Da sei anni Batuk è prigioniera nella strada delle prostitute bambine, chiusa in una gabbia che lei chiama nido, affacciata sul vortice senza speranza delle vie di Mumbai. La bellezza le garantisce un trattamento di favore nella realtà agghiacciante che la circonda, ma l'unico modo per sfuggire all'orrore quotidiano è la sua capacità di dare voce al suo mondo interiore. Perché Batuk crede nella forza delle parole, nel loro potere consolatorio. Sarà proprio la scrittura a permetterle di ribellarsi di fronte all'ennesimo gesto di cinismo e di spietata violenza.


Valutazione: 4/5

Recensione:
​Leggendo la trama, è facile pensare che questo sia l’ennesimo libro che racconta la storia sfortunata di una povera ragazzina del Terzo Mondo ma c’è qualcosa di diverso. La protagonista è Batuk, la conosciamo quando ha nove anni e alla fine del libro ne ha 15. E’ nata in un villaggio povero dell’India, in una famiglia con cui, tutto sommato, va d’accordo. Ha un bel rapporto specialmente con il papà.
E’ proprio lui, però, ad accompagnarla a Mumbai quando ha nove anni e a venderla come prostituta. L’autore, un medico americano, ha intervistato varie bambine e bambini che lavorano come prostitute nei vicoli di Mumbai ed è stato colpito dalla giovane prostituta con la sari rosa e un quaderno blu, impegnata a scrivere. Il tasso di alfabetizzazione in posti del genere è intorno alla zero, quindi non c’è da stupirsi se l’autore ne è stato colpito.
La storia è raccontata in prima persona da Batuk (ottimo il lavoro dell’autore che, pur essendo un uomo occidentale adulto, ha saputo rendere perfettamente la prosa di una bambina e poi ragazzina indiana). Non sono risparmiate le descrizioni delle violenze e dei soprusi ma presto quella diventa la normalità per Batuk che, in un certo senso, si costruisce una corazza per non rendersi conto di quanto sia disperata e triste la sua situazione e per non sentire la mancanza della famiglia e della gioia che provava prima di essere portata a Mumbai. Ad aiutarla in tutto questo c’è il suo amato quaderno blu; scrivere, infatti, l’aiuta a esternare ciò che prova.
Nonostante le descrizioni piuttosto dettagliate delle violenze e degli abusi, Batuk usa sempre termini poco appropriati, per esempio scrive “fare la torta” per descrivere l’atto sessuale. Viviamo con Batuk nel bordello, nell’orfanotrofio (che altro non è che un covo per baby prostitute) e poi nel lussuoso grande albergo dove la triste storia non si trasforma in una fiaba, tutt’altro. Fra le mura pregiate di un hotel per turisti ricchi, Batuk, ormai quindicenne, continua a essere maltrattata, violentata e picchiata fino all’epilogo.
Batuk dice chiaramente di non avere più un nome; sono rari i casi in cui qualcuno la chiama con il suo nome di nascita, figurarsi quando qualcuno le chiede il cognome. Di solito la chiamano “bambolina”, “bellezza” o “puttanella”. Vale quanto gli uomini sono disposti a pagarla. E’ un oggetto; deve fingere di essere remissiva e lei è brava perché, oltre al talento della scrittura, ha quello della drammaticità, del teatro.
Ed è stata questa una delle cose del libro a colpirmi di più. Naturalmente gli abusi e le violenze sono sempre sbagliati, ma qui la protagonista è una ragazzina che ha chiaramente del potenziale. Una ragazzina intelligente, sensibile, che si pone tante domande, che, se fosse nata in un Paese occidentale, avrebbe fatto qualcosa di grande della sua vita. Sarebbe andata a scuola (Batuk ha imparato a leggere e scrivere dalle infermiere di un “ospedale” quando ha preso la tubercolosi), poi all’Università; avrebbe pubblicato i suoi scritti, avrebbe recitato, avrebbe viaggiato per il mondo, si sarebbe innamorata, avrebbe scelto di perdere la verginità con un ragazzo della sua età… avrebbe messo su famiglia… Batuk ci ricorda il potenziale sprecato di tutte le persone, di tutte le donne e le ragazze, costrette a vivere come schiave.
Il secondo punto che mi ha colpito è che questa storia non ha un lieto fine, anzi, non ha neanche una fine vera e propria. Di solito, al termine di questo genere di libri scopriamo che la protagonista per fortuna è riuscita a lasciarsi alle spalle la sua terribile situazione e adesso vive al sicuro in un Paese occidentale. Non è il caso di Batuk. Al termine, non sappiamo che fine abbia fatto, cosa le sia successo dopo l’ultima violenza.
E’ ancora viva? A volte, c’è da sperare di no. Perché questo libro ci ricorda quanto la vita sia crudele con la maggior parte delle persone di questo mondo, come ogni giorno ci siano persone di ogni età, inclusi bambini e ragazzi, che si svegliano e vivono nel puro orrore dal momento in cui aprono gli occhi. La vita di Batuk è scandita da violenze sessuali, botte, urla, obbedienza… anche nei brevi momenti di apparente calma, perché dire serenità è troppo, non può mai essere felice o rilassata perché è ovvio che se le danno tanto da mangiare lo fanno per un secondo scopo, che se la truccano per bene e le comprano un bel vestito è per valorizzarla per il cliente e via dicendo… presto Batuk comincia a essere indifferente alle tortine e alle altre prelibatezze che a volte le danno.
Consiglio la lettura di questo libro a chi è interessato alle storie vere, alla condizione delle donne e delle bambine nel Terzo Mondo. In realtà, però, lo consiglio anche a chi generalmente legge altro perché è nostro dovere sapere. E sapere è il primo passo per agire. Ricordiamo, infatti, che non abbiamo alcun merito per essere nati nella “parte fortunata” del mondo.
All’età di Batuk, anche io amavo scrivere, leggere e recitare. Ero curiosa, sveglia, sensibile come lei.
Avrei potuto essere Batuk.
Ognuno di noi avrebbe potuto esserlo.

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    Benvenuti nel mio blog! Qui pubblico recensioni e segnalazioni di libri e film ma anche i miei pensieri a ruota libera, commenti sull'attualità, racconti di viaggio e tutto ciò che mi passa per la testa! Buona permanenza. Se vuoi che segnali o recensisca il tuo libro o film/cortometraggio, scrivimi: mariclapannocchia@outlook.it
    Le recensioni/segnalazioni saranno pubblicate qui, sul mio profilo Instagram e sulla pagina Facebook di Adolescenti e cancro, di cui sono fondatrice e Presidente, che conta oltre 9.000 sostenitori da tutta Italia. Leggo sia in e-book sia in cartaceo. Accetto tutti i generi tranne lavori che inneggiano alla violenza e/o alla discriminazione.

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